Nella cultura occidentale prevale l’idea che le emozioni vadano controllate dalla ragione affinché non interferiscano con il comportamento socialmente corretto e desiderabile.
Gli studi psicologici sulle emozioni hanno messo in evidenza invece come esse favoriscano i processi decisionali e le azioni umane e ne hanno sottolineato l’intrinseca regolabilità, supportando empiricamente l’assunto aristotelico secondo cui le emozioni, se adeguatamente modulate, migliorano l’interazione sociale ed il benessere individuale.
L’analisi psicologica ha messo in luce, in particolare, che le emozioni che noi sperimentiamo e manifestiamo sono l’esito di un processo per la maggior parte inconsapevole di autoregolazione che modula la natura, l’intensità, le manifestazioni delle emozioni. Tale processo è, per alcuni versi, da attribuire al funzionamento biopsicologico dell’organismo (Grossi, Trojano, 2002), per altri da ricercare nelle regole affettive proprie di ogni società (Ekman e Friesen, 1975).
Tuttavia, le persone possono modificare le proprie emozioni anche in maniera cosciente e volontaria al fine di renderle conformi e funzionali al raggiungimento dei propri obiettivi ed interessi (Castelfranchi, Mancini e Miceli, 2002). Le emozioni esercitano, per alcuni versi, un potere coercitivo, nel senso che ci segnalano cosa è rilevante nell’immediato per i nostri interessi e mobilitano le risorse dell’organismo verso quest’oggetto. Capita, tuttavia, che il fine emozionale sia in conflitto con un’altra gerarchia di scopi, ovvero la valenza affettiva può non essere congruente con la ricerca di una gratificazione e l’evitamento del dolore. Regolare le emozioni significa modularne la forma o mitigarne l’urgenza rispondendo alle richieste dell’ambiente in maniera flessibile ed adattiva (Matarazzo e Zammuner 2009).
La regolazione affettiva è l’insieme dei processi attraverso i quali l’individuo influenza le emozioni che prova, quando le prova, in che modo le prova e come esprime tali emozioni (Gross, 1999).
Quanto sopra riportato è l’introduzione ad un articolo pubblicato sul numero 5, 2010 della rivista online psicoterapeutiinformazione.it a firma di Barbara Renzetti e Glenda Tripicchio